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CAVALLI E TRAUMA: Se amiamo i cavalli smettiamo di far loro del male

Aggiornamento: 29 gen 2021


Ho scritto due libri sui cavalli - Il potere segreto dei cavalli e Richiami di vento e di criniere - ma quella che state per leggere è la cosa più difficile che io abbia mai scritto.

In questo testo, che è quasi una lettera aperta rivolta agli amanti dei cavalli, vi svelerò un piccolo segreto che riguarda la mia relazione con i cavalli (e in particolare con quelli traumatizzati) di cui sono a conoscenza solo poche persone.

Vi svelerò anche perché ho scelto di parlarvene e perché ho bisogno del vostro aiuto: ma, in cambio, vi chiedo di avere il tempo e la pazienza di leggere questo articolo fino in fondo…

Buona lettura!


La mia personale esperienza con i cavalli

Da molti anni (più di una decina) la mia “attività” personale con i cavalli avviene sempre e solo in un’unica modalità: passo ore e ore accanto a loro senza fare (apparentemente) nulla se non osservarli nelle dinamiche relazionali e stabilire una connessione con la mia sola presenza.

Per lo più, ho passato e passo il mio tempo con i cavalli in branco (non sono mai cavalli selvaggi, ma branchi di cavalli messi insieme dall’uomo e dall’uomo gestiti) o, in alternativa, con cavalli soli e abbandonati dai proprietari (ne sono pieni i maneggi) e che nessuno guarda più.

Molto di quello che so sull’interazione tra cavalli e sulle loro esigenze me lo hanno insegnato loro. L’esperienza più bella e – oserei dire più straordinaria – me l’ha offerta l’ "Allevamento Regina Vivarum" che mi ha concesso di stare insieme alle cinque fattrici e ai cinque puledri (nati quasi di seguito uno appresso all’altro) fin dal giorno della loro nascita. Non credo che avrei potuto scrivere il mio libro Richiami di vento e di criniere se non fosse stato per quello che ho visto in riferimento alla cura, alla protezione, all’educazione e al legame magico tra madre e puledro e che ho sperimentato mentre ero con loro: le fattrici mi hanno accolto e dato fiducia e mi hanno permesso da subito di avvicinare i puledri, facendomi spesso il regalo di lasciarli soli con me, mentre loro andavano a bere o semplicemente si riposavano.

Oggi loro ed io siamo amici e i puledri mi permettono di fargli la toeletta (adorano farsi spazzolare o pettinare) e spesso giocano con me o si sdraiano in mia presenza per riposare. Le ore che ho passato con loro sono così straordinarie che un giorno ne racconterò e, al momento, il mio più profondo augurio è la speranza di aver contribuito a dare a questi giovani cavalli “una positiva esperienza dell’umano” che gli permetta di avere fiducia in noi e di lasciarsi avvicinare e maneggiare da un futuro proprietario senza opporre resistenza…


Il mio piccolo segreto

Al di là di questa mia esperienza con i puledri (unica nel suo genere), quello che in pochi sanno è che, dove possibile - quando mi relaziono con cavalli abbandonati e tristi e che non hanno più nessuno che gli dia una carezza (che siano in branco o da soli) – io provo ad alleviare le loro ferite emotive e la loro solitudine, intervenendo sui traumi che noi esseri umani gli abbiamo inflitto.

Non sono l’unica che lo fa. Siamo in molti ad occuparci di cavalli traumatizzati. È solo che la mia non è una rieducazione o una riabilitazione attraverso il “fare” con il cavallo perché io non faccio niente e non chiedo al cavallo di fare nulla.

Quando intervengo, il cavallo è sempre nudo (no capezze, no lunghine) ed è in totale libertà; da parte mia, non uso strumenti di sorta e non ho nulla in mano. Siamo nudi entrambi, una di fronte all’altro. Siamo in silenzio (anche se io a volte incoraggio il cavallo con la voce) e siamo immobili: non intervengo mai se il cavallo non accetta di fermarsi a pochi centimetri da me di sua spontanea volontà.


I traumi emotivi per cui intervengo li abbiamo causati noi esseri umani. Sono frutto di ignoranza e di arroganza; di distrazione; di rabbia e violenza umana e di metodi barbari e coercitivi perpetrati da convinzioni di dominanza (nostra) e sudditanza (loro) radicati da generazioni e perpetuati fino a noi come certezze assolute.

Ogni cavallo traumatizzato che incontro è un cavallo “spezzato” nell’anima e nel corpo. Un cavallo a cui è stata tolta la dignità perché si piegasse al volere altrui. Un cavallo a cui è stata letteralmente strappata via la Bellezza: tanto più ne aveva, tanta più fierezza, indipendenza e capacità espressiva, tanto più è stato punito e ferito.

Non vi dirò qui tutto quello che faccio con un cavallo traumatizzato e le varie tipologie di trauma. Non è questo il luogo e non è questo il mio intento: posso dirvi che si tratta di un metodo che ho in parte creato e in parte imparato personalmente in California e in Olanda (e dai libri di Margrit Coates) e che assomiglia molto al “soul retrivial” sciamanico e che potrebbe essere appreso da altri. Il mio metodo personale è solo un po’ più difficile perché presuppone una lunga e costante preparazione interiore (non con i cavalli, ma nella vita…), tempo da passare con i cavalli e non prevede alcuna tecnica di lavoro attivo perché il cavallo non viene né obbligato a stare fermo, né toccato e né mosso a comando.


I cavalli traumatizzati

Si parla di trauma quando un essere vivente subisce un’esperienza dolorosa, o più eventi dolorosi e ripetuti che producono una ferita così profonda che questa non solo non guarisce, ma induce nella vittima una serie di comportamenti reattivi (o protettivi) incontrollati e disfunzionali.

Qualche volta il comportamento disfunzionale si riattiva solo se viene toccata la ferita (cioè se l’esperienza traumatica viene ripetuta), qualche altra volta (spesso) come nei cavalli, la ferita è così profonda da produrre danni cronici (fisici, emotivi) e vizi comportamentali che alterano indelebilmente la predisposizione naturale e l’equilibrio del cavallo con tutte le conseguenze nefaste che ne conseguono.


Un cavallo traumatizzato è prima di tutto un